“Smart”

Smart city, smart community, smart region, smart destination, smart building. Pare che oggi non ci sia sistema fisico o socio-economico che non debba avere la sua versione “smart”. Ma cosa significa? e quali sono i vantaggi, gli svantaggi, i benefici o i problemi associati con queste idee?

Approcci intelligenti per la gestione della città sono stati descritti come altamente promettenti nel contesto dell’economia digitale. L’idea è quella di mettere a punto strumenti per monitorare e gestire in tempo reale città e sistemi urbani o più vasti (dalle reti di trasporto, alla qualità dell’aria) e, nella loro estensione “turistica”, di ottimizzare strutture, infrastrutture e risorse per offrire ai visitatori esperienze indimenticabili e convincerli così a scegliere la destinazione.

Tutto vero, ma il problema è che da una parte nessuno in realtà sa bene cosa sia o cosa dovrebbe essere una smart city, tantomeno una smart destination. Non esistono riflessioni teoriche sull’argomento, ma solo affermazioni più o meno vaghe con l’enfasi posta, soprattutto sulla spinta delle grandi aziende di informatica, sostanzialmente sull’aspetto tecnologico e sulle meraviglie che queste possono fornire.

Poco però si riflette e si è riflettuto sul fatto che la coesistenza di sistemi altamente complessi (trasporti, infrastrutture, comunicazioni, insieme con quelli sociali, economici e politici) è un accidente maledettamente complicato e poco “gestibile” almeno nel senso tradizionale del termine. E urbanisti, sociologi, esperti di turismo o cittadini e turisti, gli utenti finali, raramente sono stati coinvolti in queste riflessioni. O almeno non completamente.

Decine di progetti sono partiti sulla spinta del “mercato” unita al fascino di certe rappresentazioni. Tutti con l’obiettivo di tecnologizzare questa o quell’altra fetta di sistema. Alcuni, per la verità, anche ben fatti e di successo, ma l’intelligenza che dovrebbe caratterizzare la soluzione globale la si stenta a vedere.

Uno dei problemi, forse quello centrale, è che difficilmente (almeno a giudicare dai risultati) si è visto un ripensamento profondo dei processi che si son voluti informatizzare. E qui, cosa nota a tutti i tecnologi e gli informatici, vale il vecchio e solido principio: “garbage in, garbage out”. Procedure complicate e farraginose vengono informatizzate col risultato di cristallizzarle e di rendere alla fine il sistema di una rigidità tale da farlo diventare quasi inusabile da parte degli utenti (cittadini, viaggiatori ecc.). Esempi, anche recenti, non mancano. Anche se spesso si propagandano come incredibili successi solo per il fatto di aver iniettato qualche computer o qualche software, e millantando efficienze che esistono solo sulla carta o solo in pochi casi particolari, magari dimenticando le gravi carenze di infrastrutture o di conoscenze che sarebbero invece necessarie.

La prima fase di una riflessione strategica dovrebbe essere quella di ripensare all’architettura generale, di creare un modello “sostenibile”, del sistema che si vuol rendere “smart” e farlo diventare un sistema semplificato, usabile e flessibile in modo da poterlo adattare al mondo dinamico e globalizzato nel quale questi sistemi sono immersi. E questo è un problema di logica, non di tecnologia. Purtroppo poco “visibile” ma essenziale.

In queste riflessioni computer, smartphone e tecnologie varie non c’entrano per nulla. Anzi rischiano di essere fuorvianti. Bisognerebbe meditare bene sulle parole di Ada Augusta Byron contessa di Lovelace, figlia di Lord Byron, la prima informatica della storia, che nel commentare la macchina analitica di Babbage (precursore dei moderni computer) sosteneva: “Non bisogna nutrire idee esagerate sui poteri della Macchina Analitica. Essa non pretende di creare nulla. Può fare tutto ciò che riusciamo a ordinarle di fare. Può eseguire l’analisi, ma non ha il potere di anticipare alcuna rivelazione o verità analitica. Il suo compito è quello di assisterci mettendoci a disposizione ciò che già conosciamo”. Correva l’anno 1843.

Consigli di lettura (per una riflessione critica):

Caprotti, F. (2015) Building the smart city: Moving beyond the critiques.

https://ugecviewpoints.wordpress.com/2015/03/24/building-the-smart-city-moving-beyond-the-critiques-part-1/ e

https://ugecviewpoints.wordpress.com/2015/03/31/building-the-smart-city-moving-beyond-the-critiques-part-2/

Fuggetta, A. (2012). Smart city: cos’è e cosa non è.

http://www.webcefriel.com/wp-content/uploads/2013/02/ecoscienza5_2012_smart_ArticoloFuggetta.pdf

La Rocca R.A. (2014). The role of tourism in planning the smart city

http://www.classiconorroena.unina.it/index.php/tema/article/view/2814/2997

Murgante, B. & Borruso, G (2013). Smart cities: un’analisi critica delle opportunità e dei rischi.

http://mediageo.it/ojs/index.php/GEOmedia/article/view/302

Rodolfo Baggio ha una laurea in Fisica e un PhD in Tourism Management. Dopo aver lavorato per più di vent’anni come informatico in alcune note “aziende leader del settore”, da una decina d’anni si dedica all’insegnamento universitario, in Italia e all’estero, e alla ricerca sui sistemi turistici complessi e sulle loro relazioni con le tecnologie informatiche. Ha pubblicato una mezza dozzina di libri e un centinaio di articoli per conferenze e riviste scientifiche internazionali. Rodolfo rifugge ogni definizione di esperto di alcunché e si considera solo un cultore della materia.

 

 

1 commento on ““Smart””

  1. Gian Luca Rispondi

    rimango dell’idea che a monte serve sempre smart people….

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